baccalà mantecato

Baccalà Mantecato: Quando Venezia Trasformò il Merluzzo in Poesia Culinaria

Tra i tanti piatti che raccontano la storia gastronomica del Veneto, il baccalà mantecato occupa un posto speciale nel cuore della tradizione veneziana. Questa preparazione apparentemente semplice – merluzzo sotto sale lavorato fino a diventare una crema vellutata e candida – è in realtà un capolavoro di tecnica, pazienza e alchimia culinaria che trasforma un pesce conservato in qualcosa di sublime. Il baccalà mantecato non è solo cibo: è storia delle rotte commerciali veneziane, è ricordo della Serenissima Repubblica che dominava i mari, è espressione di quella cucina povera che con pochi ingredienti sapeva creare meraviglie, è tradizione che continua nelle osterie e nei bacari veneziani dove ancora oggi viene servito su fette di polenta fritta o su crostini croccanti. Mangiare baccalà mantecato significa assaggiare secoli di storia marinara, comprendere come Venezia trasformasse prodotti di conservazione in raffinatezze e scoprire che la vera eleganza culinaria spesso risiede nella semplicità perfettamente eseguita.

Le Origini: Una Storia che Viene dal Nord

La storia del baccalà mantecato inizia paradossalmente molto lontano da Venezia, nei freddi mari del Nord Atlantico, tra Norvegia e Islanda, dove nuotano i merluzzi che, una volta pescati ed essiccati, diventeranno lo stoccafisso o, se salati, il baccalà.

La Leggenda di Pietro Querini: La tradizione veneziana attribuisce l’introduzione dello stoccafisso in Italia al nobile veneziano Pietro Querini. Nel 1432, la sua nave naufragò durante un viaggio commerciale verso le Fiandre. Dopo settimane alla deriva nell’Atlantico del Nord, i sopravvissuti approdarono miracolosamente alle isole Lofoten, in Norvegia, dove furono salvati dai pescatori locali. Durante i mesi trascorsi lì, Querini scoprì lo stoccafisso – merluzzo essiccato al vento artico – alimento base dei norvegesi. Al ritorno a Venezia nel 1433, portò con sé questo pesce essiccato e stabilì le prime rotte commerciali tra Venezia e la Norvegia per importarlo.

Baccalà vs Stoccafisso: È importante chiarire una distinzione che spesso crea confusione, specialmente tra veneti e liguri. Lo stoccafisso (dal norvegese “stokk fisk”, pesce bastone) è merluzzo essiccato all’aria, senza sale. Il baccalà è merluzzo conservato sotto sale. In Veneto, però, per tradizione linguistica, si chiama “baccalà” anche lo stoccafisso, creando ambiguità. Il baccalà mantecato veneziano è tecnicamente fatto con stoccafisso (merluzzo essiccato), non con baccalà salato, anche se i veneziani lo chiamano baccalà. Questa confusione terminologica è così radicata che ormai è parte della tradizione stessa.

Perché il Merluzzo del Nord: Il merluzzo (Gadus morhua) dei mari nordici è particolarmente adatto alla conservazione. La sua carne magra, quasi priva di grassi, si presta perfettamente all’essiccazione o alla salatura senza irrancidire. Una volta reidratato, riacquista una texture sorprendente. Per secoli, prima della refrigerazione, lo stoccafisso e il baccalà furono le uniche forme per trasportare pesce attraverso lunghe distanze, rendendoli fondamentali per l’alimentazione delle popolazioni mediterranee.

L’Importanza Storica per Venezia

Per Venezia, città costruita sull’acqua salata e quindi senza possibilità di allevare bestiame o coltivare estensivamente, il cibo veniva in gran parte dall’esterno. Il merluzzo conservato divenne proteina fondamentale, specialmente durante i numerosi giorni di magro imposti dalla Chiesa cattolica (quando era vietato mangiare carne).

I Giorni di Magro: Nel calendario liturgico tradizionale, c’erano oltre 150 giorni all’anno in cui non si poteva mangiare carne: tutti i venerdì, la Quaresima, le vigilie delle feste importanti. In questi giorni, il baccalà e lo stoccafisso erano protagonisti assoluti sulle tavole veneziane, da quelle patrizie a quelle popolari.

Le Rotte Commerciali: Venezia stabilì rotte commerciali con i porti norvegesi e islandesi. Le navi veneziane caricavano stoccafisso e baccalà a Bergen o in Islanda, lo trasportavano attraverso l’Atlantico, il canale della Manica, fino al Mediterraneo. Questo commercio era così importante che i magazzini di stoccaggio del pesce conservato erano tra i più grandi arsenali della Serenissima.

La Scuola dei Baccalà: A Venezia esisteva addirittura una corporazione dedicata: la “Scuola dei Luganegheri e Baccalà”, che riuniva i commercianti e lavoratori specializzati nella vendita e preparazione di questo prodotto. Avevano regole rigide su qualità, prezzi e preparazione.

La Tecnica: L’Arte della Mantecatura

Il baccalà mantecato è un piatto che richiede tecnica, pazienza e un po’ di magia culinaria. Non è difficile, ma richiede rispetto dei tempi e della procedura.

La Scelta dello Stoccafisso

Il primo passo è scegliere stoccafisso di qualità. Il migliore è quello delle Lofoten (Norvegia), riconoscibile dal marchio “Lofoten Stockfish”. Lo stoccafisso si presenta come tavole di legno, dure, giallognolo, dall’odore intenso ma non sgradevole. Un buono stoccafisso deve essere ben essiccato ma non troppo, senza muffe, di colore uniforme.

L’Ammollamento: La Pazienza Necessaria

Questa è la fase più lunga e importante. Lo stoccafisso duro come legno deve essere reidratato per tornare morbido. Il processo richiede dai 4 ai 7 giorni (alcuni puristi dicono anche 10), durante i quali il pesce deve stare in acqua fredda corrente o cambiata almeno due volte al giorno.

La Tecnica Tradizionale: A Venezia, le famiglie mettevano lo stoccafisso in una cesta e lo lasciavano nei canali, dove l’acqua corrente lo reidratava naturalmente. Oggi si usa una bacinella grande con acqua di rubinetto, cambiata mattina e sera. Alcuni aggiungono un filo di latte nell’ultima acqua per rendere la carne ancora più morbida.

Quando è pronto: Lo stoccafisso è pronto quando ha raddoppiato il volume, è morbido al tatto ma ancora compatto, e ha perso l’odore pungente iniziale diventando delicato. A questo punto va pulito: si elimina la pelle scura, le lische e le parti scure della carne, tenendo solo i filetti bianchi.

La Cottura Delicata

Il pesce viene tagliato a pezzi non troppo piccoli e cotto in acqua bollente (alcuni aggiungono latte) per circa 15-20 minuti, fino a quando la carne si sfalda facilmente con una forchetta. La cottura deve essere delicata: acqua che sobbolle appena, mai bollitura violenta che indurirebbe la carne.

Dopo la cottura, il pesce viene scolato perfettamente e, ancora caldo, inizia la fase magica: la mantecatura.

La Mantecatura: Il Momento Magico

“Mantecatura” viene dal veneziano “mantecar”, che significa lavorare fino a rendere cremoso come burro. È la tecnica che trasforma i tocchetti di pesce cotti in una crema vellutata, bianca, ariosa.

La Tecnica Tradizionale: Si usa un cucchiaio di legno (mai metallo, dicono i puristi) in una terrina di terracotta. Si inizia a lavorare il pesce caldo, schiacciandolo e mescolandolo energicamente. Gradualmente si aggiunge olio extravergine d’oliva a filo, goccia dopo goccia all’inizio, poi in filo sottile continuo, senza mai smettere di mescolare con movimenti circolari veloci sempre nella stessa direzione.

L’Emulsione: Quello che accade è un’emulsione simile a quella della maionese. L’olio si incorpora nelle proteine del pesce, creando una struttura cremosa. Il movimento continuo e veloce incorpora aria, rendendo il composto soffice e spumoso. Il risultato deve essere una crema bianchissima, lucida, che si tiene sul cucchiaio senza colare ma non è compatta come un paté.

Quanto Olio: Questa è la domanda cruciale. Le ricette variano, ma generalmente si parla di 200-250 ml di olio per 500 g di pesce cotto. Alcuni puristi arrivano a rapporti 1:1 (tanto olio quanto pesce), creando una crema ricchissima quasi da bere. Altri preferiscono meno olio per un risultato meno calorico. Il segreto è aggiungerlo gradualmente: il pesce “dice” quando è saturo, quando cioè non assorbe più olio e questo inizia a separarsi.

Il Colpo Finale: Verso la fine, alcuni aggiungono qualche goccia di latte o panna per rendere il composto ancora più delicato. Un pizzico di sale (con cautela, il pesce conservato mantiene salinità), pepe bianco macinato fresco e magari un tocco di aglio pestato (su questo i puristi si dividono: alcuni lo ritengono eresia, altri lo considerano essenziale).

Gli Strumenti Moderni: Oggi molti usano frullatori a immersione o robot da cucina. Funzionano, velocizzano il processo, ma i puristi sostengono che il risultato non sia identico: il movimento manuale crea una texture leggermente diversa, più ariosa, che le lame metalliche rotanti non replicano perfettamente.

Come si Serve: Tradizione e Varianti

Il baccalà mantecato tradizionalmente si serve in modi specifici che ne esaltano la consistenza cremosa e il sapore delicato.

Su Polenta Bianca Fritta

Questo è l’abbinamento classico veneziano. La polenta bianca (fatta con farina di mais bianco, più delicata di quella gialla) viene fatta solidificare, tagliata a triangoli o rettangoli, e fritta fino a doratura croccante. Il contrasto tra la crema fredda del baccalà e il calore croccante della polenta è sublime. Il baccalà viene adagiato generosamente sulla polenta, creando un boccone perfetto dove cremoso e croccante, freddo e caldo, si equilibrano.

Su Crostini

Pane bianco (preferibilmente pane casereccio veneziano) tagliato a fette spesse, abbrustolito o fritto, serve da base. Il baccalà viene spalmato abbondantemente. Alcune osterie aggiungono una foglia di prezzemolo fresco tritato fine.

Come Piatto a Sé

In presentazioni più moderne, il baccalà mantecato viene servito in ciotoline individuali, accompagnato da verdure crude croccanti (sedano, finocchio, ravanelli) che servono per raccoglierlo, aggiungendo contrasto di texture.

La Temperatura

Punto fondamentale: il baccalà mantecato si serve freddo o al massimo a temperatura ambiente, mai caldo. Il freddo esalta la cremosità e permette ai sapori di esprimersi meglio.

Le Varianti Regionali Venete

Mentre il mantecato è specificatamente veneziano, altre preparazioni del baccalà caratterizzano il Veneto.

Baccalà alla Vicentina

Vicenza vanta un’altra preparazione celebre: il baccalà (qui realmente stoccafisso) cotto lentamente in casseruola con cipolle, latte, olio, acciughe, creando un intingolo cremoso ma diverso dal mantecato. La cottura dura ore, a fuoco bassissimo, fino a quando il pesce si sfalda e si amalgama con il condimento. Si serve caldissimo, accompagnato da polenta gialla morbida.

Baccalà in Umido

Preparazione più casalinga, dove il baccalà viene cotto con pomodoro, cipolle, olive, capperi. Meno raffinato del mantecato ma ugualmente delizioso.

Baccalà Fritto

Pezzi di baccalà ammollati, infarinati o pastellati, fritti fino a doratura. Classico del fritto misto alla veneziana.

Dove Mangiarlo a Venezia

Il baccalà mantecato è onnipresente nei bacari (osterie veneziane) e ristoranti tradizionali di Venezia.

I Bacari Storici: Questi piccoli locali, spesso minuscoli, servono cicheti (stuzzichini veneziani) accompagnati da ombre (bicchieri di vino). Il baccalà mantecato su polenta è un cicchetto classico. Bacari famosi: All’Arco (vicino a Rialto), Cantina Do Mori (la più antica di Venezia, fondata nel 1462), Al Bottegon, Osteria al Squero.

Le Trattorie: Ristoranti tradizionali come Antiche Carampane, Alle Testiere, o Da Fiore (stellata Michelin che serve versioni raffinate) offrono baccalà mantecato come antipasto o cicchetto.

Il Mercato di Rialto: Al mercato del pesce di Rialto si può ancora comprare stoccafisso già ammollato (i pescivendoli offrono questo servizio) per prepararlo a casa.

I Segreti per il Baccalà Perfetto

I maestri veneziani tramandano alcuni segreti:

La Qualità dello Stoccafisso: Non economizzare. Stoccafisso scadente non diventerà mai buon mantecato.

L’Ammollamento Completo: Non abbreviare questa fase. Stoccafisso non completamente reidratato rimane duro e fibroso.

L’Olio: Usare olio extravergine di oliva delicato, fruttato ma non troppo piccante. Oli troppo caratterizzati sovrastano il pesce.

La Mantecatura Paziente: Aggiungere olio lentamente, lavorare senza fretta. La fretta è nemica del mantecato perfetto.

Il Riposo: Una volta mantecato, il baccalà migliora riposando qualche ora in frigorifero. I sapori si amalgamano, la consistenza si stabilizza.

Il Consumo: Il mantecato si conserva in frigorifero 2-3 giorni, ma è al suo apice il giorno stesso o il successivo.

Il Valore Nutrizionale

Oltre al piacere gastronomico, il baccalà mantecato ha proprietà nutrizionali interessanti:

Proteine Nobili: Il merluzzo è ricchissimo di proteine complete di alta qualità, facilmente digeribili.

Omega-3: Pur essendo pesce magro, contiene acidi grassi omega-3 benefici per cuore e cervello.

Vitamina B: Particolarmente vitamina B12, essenziale per il sistema nervoso e la produzione di globuli rossi.

Minerali: Fosforo, iodio, selenio in buone quantità.

L’Olio: L’abbondanza di olio rende il piatto calorico (circa 250-300 calorie per 100 g), ma sono calorie “buone” da grassi monoinsaturi.

La Dimensione Sociale: Mangiare Baccalà come Rituale

A Venezia, mangiare baccalà mantecato non è solo nutrirsi, ma partecipare a un rituale sociale secolare.

Il Giro d’Ombre: Tradizione veneziana di girare per bacari bevendo ombre (bicchierini di vino) e mangiando cicheti, tra cui immancabilmente il baccalà su polenta. È momento sociale, di chiacchiera, di pausa dal lavoro o preludio alla cena.

Le Feste Patronali: Durante le feste dei santi patroni dei vari sestieri, il baccalà viene preparato in grandi quantità e distribuito alla comunità.

La Vigilia di Natale: Il cenone della Vigilia veneziano tradizionale è rigorosamente di pesce. Il baccalà mantecato apre il pasto, seguito da altre preparazioni ittiche.

Conclusione: Un Piatto che Racconta Venezia

Il baccalà mantecato è molto più di un piatto: è un condensato della storia veneziana. Racconta di una città marinara che dominava rotte commerciali dall’Atlantico all’Oriente, che sapeva trasformare prodotti di conservazione in raffinatezze, che con pochi ingredienti – pesce essiccato, olio, pazienza – creava qualcqualcosa di sublime.

È espressione di quella cucina povera che è in realtà ricchissima di tecnica e tradizione. È memoria delle centinaia di giorni di magro quando la Chiesa vietava la carne. È testimonianza della capacità veneziana di fare commercio, di connettersi con luoghi lontanissimi, di portare a casa tesori anche improbabili come tavole di merluzzo essiccato norvegese.

Oggi, quando si assaggia baccalà mantecato su polenta fritta in un bacaro accanto a Rialto, con un’ombra di vino bianco friulano, mentre fuori scorre il Canal Grande, si sta facendo molto più che mangiare. Si sta toccando la storia, si sta gustando la tradizione, si sta partecipando a un rito che attraversa secoli.

Il baccalà mantecato è Venezia in un boccone: complessa eppure semplice, raffinata eppure popolare, antica eppure sempre attuale. È il gusto della Serenissima che persiste, che resiste, che continua a deliziare palati veneziani e visitatori da tutto il mondo.

E questa, forse, è la vera magia della grande cucina tradizionale: non scompare, non invecchia, ma si perpetua, generazione dopo generazione, tramandando non solo ricette ma memoria, identità, amore per il proprio territorio e la propria storia.

Buon appetito, o come si dice a Venezia: Bon appétit!

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Articolo pubblicato da Stile Tricolore

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